Postura ed equilibrio

Questa Volta (concedetemelo) il post non lo scrivo io. Dopo un attenta ricerca, e letture, non mi resta che lasciare "parola" al C.O.N.I., Istituto di Scienza dello Sport, Dipartimento di Fisiologia e Biomeccanica, Roma
ed in particolare al lavoro svolto del Dott.C. Gallozzi

Dal punto di vista motorio, ogni essere vivente deve essere in grado di adattarsi all’ambiente in cui si trova per sopravvivere e svolgere la propria attività statica e dinamica.

Tale adattamento richiede la possibilità di cogliere ciò che succede nell’ambiente stesso e conseguentemente, di assumere le posizioni più consone alla situazione e alle proprie esigenze di comportamento. Possiamo definire “postura“ ciascuna delle posizioni assunte dal corpo, contraddistinta da particolari rapporti tra i diversi segmenti somatici.

Il concetto di postura, quindi, non si riferisce ad una condizione statica, rigida e prevalentemente strutturale. Si identifica, invece, con il concetto più generale di equilibrio inteso come “ottimizzazione“ del rapporto tra soggetto e ambiente circostante, cioè quella condizione in cui il soggetto stesso assume una postura o una serie di posture ideali rispetto alla situazione ambientale, in quel determinato momento e per i programmi motori previsti.

Una funzione così importante non può essere affidata ad un solo organo o apparato ma richiede un intero sistema, che chiameremo Sistema-Tonico-Posturale (S.T.P.), cioè un insieme di strutture comunicanti e di processi cui è affidato il compito di:

• lottare contro la gravità;

• opporsi alle forze esterne;

• situarci nello spazio-tempo strutturato che ci circonda;

• permettere l’equilibrio nel movimento, guidarlo e rinforzarlo.

Per realizzare questo exploit neuro-fisiologico, l’organismo utilizza differenti risorse:

• gli esterocettori: ci posizionano in rapporto all’ambiente (tatto, visione, udito);

• i propriocettori: posizionano le differenti parti del corpo in rapporto all’insieme, in una posizione prestabilita;

• i centri superiori: integrano i selettori di strategia, i processi cognitivi e rielaborano i dati ricevuti dalle due fonti precedenti.

Gli organi del sistema tonico posturale

Si riconoscono diversi recettori posturali primari con funzione estero e propriocettiva, i quali sono in grado di informare il Sistema Nervoso Centrale del loro stato e indurre una risposta posturale specifica per quel determinato momento, modificando lo stato delle catene cinematiche muscolari e di conseguenza gli equilibri osteo-articolari.

Gli esterocettori

Questi recettori sensoriali captano le informazioni che provengono dall’ambiente e le inviano al S.T.P. Tre sono i recettori universalmente riconosciuti:

l’orecchio interno, l’occhio e la superficie cutanea plantare.

1. L’orecchio interno

I recettori dell’orecchio interno sono degli accelerometri, essi informano su movimento e posizione della testa in rapporto alla verticale gravitaria. L’entrata vestibolare comprende un sistema semi-circolare ed un sistema otolitico. Il sistema semicircolare è un sistema di tre canali arciformi situati in tre piani perpendicolari fra di loro, sensibili alle accelerazioni angolari (rotazione della testa). I

canali semicircolari non partecipano alla regolazione fine dell’equilibrio, poiché la loro soglia minima di sensibilità alle accelerazioni è superiore alle accelerazioni oscillatorie dentro il sistema posturale fine; per contro il sistema interviene nell’equilibrio dinamico. Il sistema otolitico è contenuto in due vescicole: il sacculo e l’utricolo, sensibili alla gravità e all’accelerazione lineare. L’orecchio interno percepisce le accelerazioni angolari (rotazione della testa) attraverso i recettori

situati nei canali semicircolari e le accelerazioni lineari attraverso il sistema utricolo-sacculo. Sembra che solo questi ultimi partecipino alla regolazione posturale fine. In effetti, fin nel 1934, Tait J. e MacNelly W.H. avevano mostrato che la denervazione dei canali semicircolari non interferisce con il tono muscolare, mentre quello dell’utricolo si traduce in profonde perturbazioni della sua ripartizione.

Perché le informazioni che vengono dall’orecchio interno possano essere interpretate dal S.T.P., devono essere comparate alle informazioni propriocettive che permettono di conoscere la posizione della testa in rapporto al tronco e quelle del tronco in rapporto alle caviglie e soprattutto alle informazioni di pressione podalica, il solo riferimento fisso.

2. L’occhio

L’entrata visiva, grazie alla retina permette la stabilità posturale per i movimenti antero-posteriori, grazie alla visione periferica. Per contro, per i movimenti destra-sinistra, la visione centrale diviene preponderante. L’entrata visiva è attiva quando l’ambiente visivo è vicino; se la mira visiva è distante 5 metri o più, le informazioni che vengono dal recettore visivo diventano così poco importanti da non venire più prese in considerazione dal S.T.P.

Per fare in modo che il S.T.P. possa utilizzare le informazioni visive per il mantenimento dell’equilibrio, bisogna che le informazioni visive siano comparate a quelle che vengono dall’orecchio interno e dall’appoggio plantare. In effetti l’occhio non sa dire se lo scivolamento delle immagini sulla retina sia dovuto al movimento dell’occhio, al movimento della testa o al movimento dell’insieme della massa corporea.

3. Il piede

L’esterocettore plantare permette di situare l’insieme della massa corporea in rapporto all’ambiente, grazie a delle misure di pressione a livello della superficie cutanea plantare. Quest’ultima rappresenta l’interfaccia costante tra l’ambiente ed il S.T.P.. Essa è ricca in recettori e possiede una soglia di sensibilità molto elevata (i baropressori percepiscono le pressioni anche di 0,3 gr). Essi forniscono informazioni sulle oscillazioni dell’insieme della massa corporea e si comportano dunque come una piattaforma stabilometrica. Le informazioni plantari sono le uniche a derivare da un recettore fisso direttamente a contatto con un ambiente immobile rappresentato dal suolo.

A livello del piede si raccolgono, tuttavia, anche informazioni relative alla propriocezione muscolare e articolare (vedi oltre). Nell’ambito delle problematiche posturali, il piede può presentarsi in tre modi diversi:

- come elemento causativo: responsabile principale dello squilibrio posturale;

- come elemento adattativo: tampona uno squilibrio che viene dall’alto (generalmente dagli occhi e dai denti). In un primo momento l’adattamento è reversibile poi si fissa alimentando lo squilibrio posturale;

- come elemento misto: presentano contemporaneamente un versante adattativo e un versante causativo.

• Gli endocettori

Questi recettori sensitivi informano il S.T.P. di quello che succede all’interno dell’individuo. Permettono ai sistema di riconoscere in permanenza la posizione e lo stato di ogni osso, muscolo, legamento od organo in rapporto con l’equilibrio. Essi informano in particolar modo sulla posizione degli esocettori cefalici (orecchio interno e retina) in rapporto all’esocettore podalico. Essi si dividono in due grandi categorie: recettori propriocettivi e recettori enterocettivi o viscerocettivi.

L’entrata oculo-motrice permette di comparare le informazioni di posizione fornite dalla visione a quelle fornite dall’orecchio interno grazie ai sei muscoli oculo-motori, che assicurano la motricità del globo oculare. L’entrata rachidea ha per scopo di informare il sistema posturale sulla posizione

d’ogni vertebra e quindi sulla tensione d’ogni muscolo. L’entrata propriocettiva podalica, grazie al controllo dello stiramento dei muscoli del piede e della gamba, situa il corpo in rapporto ai piedi.

L’entrata rachidea e l’entrata propriocettiva podalica formano una continuità funzionale, un’estesa catena propriocettiva che riunisce i recettori cefalici ai recettori podalici e dunque permette di situare l’orecchio interno e gli occhi in rapporto ad un recettore fisso costituito dai piedi. Ciò consente una codificazione delle informazioni spazio-temporali cefaliche.

• L’apparato stomatognatico

Un numero sempre più crescente di lavori tende ad analizzare il ruolo dei disordini del rachide e della postura in correlazione alle problematiche cranio mandibolari; l’attenzione che molti ricercatori riservano all’ipotesi di correlazione tra postura ed occlusione è giustificata dall’evidenza di rapporti anatomo-funzionali tra il sistema stomatognatico e le strutture deputate al controllo della postura. Nell’ambito dei disordini cranio mandibolari l’occlusione, definita come “il rapporto sia statico che dinamico tra elementi di due arcate dentarie antagoniste”, viene considerata uno dei principali fattori eziologici. Alcuni Autori hanno individuato alcune condizioni occlusali che possono rappresentare un fattore di rischio per l’insorgenza di disfunzioni cranio-mandibolari, essi sono individuati in:

• morso aperto anteriore (mancato contatto, in occlusione, tra gli incisivi superiori con quelli inferiori);

• “Overjeet” maggiore di 6 mm; laddove per overjeet intendiamo la distanza in senso orizzontale tra il gruppo incisivo superiore e quello inferiore che nella norma va da zero a quattro millimetri;

• differenza tra posizione mandibolare ideale e reale maggiore di 2 mm;

• inversione dei rapporti trasversali interarcata (crossbite) posteriormente e monolateralmente;

• II classe divisione 2;

• assenza di cinque o più denti nel settore posteriore.

Sono stati dimostrati rapporti di intima vicinanza a livello spinale tra le terminazioni nervose trigeminali e quelle dei primi plessi cervicali tanto da far supporre l’esistenza di vie nervose di convergenza o di interconnessione a livello del nucleo spinale, che spiegherebbero l’insorgenza di sintomatologie variabili a livello della faccia, dell’articolazione temporo-mandibolare e delle porzioni dermatomeriche dei primi nervi cervicali in caso di mioartropatia di ognuno di questi distretti e potrebbe essere la causa del dolore diffuso e riferito che spesso accompagna alcune forme di cefalea e di dolore oro-cranio-facciale. L’innervazione dell’apparato stomatognatico è fornita essenzialmente dal trigemino. La sensibilità propriocettiva dello stesso distretto orale è affidata a fibre nervose i cui corpi cellulari si trovano nel nucleo mesencefalico del trigemino. Sono state ipotizzate anche correlazioni tra mandibola, muscoli sovraioidei e vertebre cervicali che andrebbero a costituire un complesso anatomo-funzionale il cui anello di congiunzione sarebbe rappresentato dall’osso ioide. Lo stesso osso ioide potrebbe rappresentare il mediatore delle variazioni posturali della testa in seguito a cambiamenti di posizione della mandibola.

Le sindromi algico-posturali

Quando si determina una disfunzione del sistema tonico-posturale si può instaurare un quadro clinico caratterizzato generalmente da sofferenza dell’apparato locomotore (patologie muscolo-tendinee, articolari ed ossee) detto “sindrome algico posturale”. Più in dettaglio, gli elementi che devono concorrere perché ciò si verifichi sono i seguenti:

1. La predisposizione individuale.

2. Le alterazioni morfo-funzionali.

3. L’azione dell’ambiente interno ed esterno all’individuo.

Nell’eziopatogenesi della sindrome algico-posturale tutte le componenti sono presenti. Ciò significa che il paziente deve essere predisposto alla disfunzione (ad esempio per il suo stile di vita sedentario), che i recettori posturali devono trovarsi in qualche stato di alterazione o che siano presenti paramorfismi o dismorfismi dell’apparato locomotore ed infine che le abitudini lavorative o

l’allenamento sportivo determinino un ipercarico dei tessuti che sono poi oggetto di reazione degenerativo-infiammatoria. Per quello che riguarda l’”ambiente interno” ci si riferisce a determinati stati emotivi e/o psicologici che concorrono ad alterare lo schema posturale ed il tono

muscolare di base. La triade è potenzialmente presente in ogni individuo, ma non si realizzerà

nessuna manifestazione clinica della disfunzione finché tutte le componenti non siano coinvolte. Non appena si sviluppa la triade, la sindrome precipita e si osservano i sintomi della disfunzione.

Il grado di predisposizione, di alterazione morfologica, o di alterazione dell’ambiente interno ed esterno, necessario per la comparsa della sindrome è diverso per ogni individuo. Per questo si potranno trovare persone con livelli minimi delle componenti che possono presentare anche delle sintomatologie molto importanti. Ricapitolando, perché la sindrome posturale abbia la sua estrinsecazione clinica, sono necessarie tutte le componenti descritte. Le variabili di tale principio consistono nel grado di incisività che ciascuno di questi singoli fattori può rappresentare in ogni particolare individuo. Tale grado di variabilità rende conto delle differenze fra gli individui, così come nello stesso individuo in tempi diversi. Sono possibili inoltre dei fattori scatenanti e/o aggravanti come il trauma, lo stress, l’esito di interventi chirurgici ortopedici, alcune cicatrici e le parafunzioni (bruxismo), che possono improvvisamente far precipitare un quadro patologico. Questi fattori sono considerati delle concause per l’insorgenza di una patologia posturale.

La disfunzione dei recettori

A seconda dei recettori posturali in disfunzione possiamo classificare la patologia algico-posturale in:

Semplice, avviene quando troviamo in disfunzione un solo recettore posturale primario, come per esempio l’appoggio podalico, che induce un determinato schema adattativo. Complicata, avviene quando troviamo in disfunzione più recettori primari posturali, come l’appoggio podalico e l’apparato stomatognatico.

Le caratteristiche del quadro clinico

Un determinato programma posturale in disfunzione che presenta un quadro clinico può indurre una disfunzione a vari livelli dell’apparato locomotore come:

• I muscoli

• Le articolazioni

• Le ossa

• I tendini e i legamenti

• Il tessuto nervoso

• I visceri

A livello muscolare possiamo evidenziare ipertono, contratture, squilibri di trofismo e stenia o la formazione di zone algiche chiamate trigger-point. A livello osteo-articolare possiamo evidenziare artrosi, condropatie e, raramente, fratture da stress. A livello dei tendini e dei legamenti si osservano tendiniti, tendinosi o infiammazioni inserzionali. Per quel che riguarda il tessuto nervoso si riscontrano spesso delle patologie da compressione dei fasci sensitivi e/o motori. Per i visceri si osservano varie tipologie di sintomi viscerali spesso secondari a una patologia neurologica del rachide o secondari a ipertoni dei muscoli scheletrici che esercitano azione compressiva. Da un punto di vista clinico possiamo avere un quadro:

• Lieve

• Medio

• Grave

Quando è lieve la sintomatologia può essere presente saltuariamente soprattutto dopo episodi di stress psico-fisico, il paziente la menziona solo se interrogato dal medico, si può apprezzare lieve dolorabilità alla digito pressione in uno o più muscoli delle catene cinematiche posturali. Non sono presenti delle modifiche della qualità di vita e di attività fisica del soggetto. Quando è media il paziente presenta una sintomatologia vera anche se intervallata da periodi di acuzie e remissioni parziali. La sintomatologia determina una o più visite specialistiche ed accertamenti strumentali. Sono presenti modificazioni della qualità di vita e di attività fisica del soggetto. Quando è grave il paziente soffre per un quadro clinico algico-disfunzionale permanente e spesso ricorre a terapia farmacologia antidolorifica e/o antinfiammatoria. Sono presenti delle significative modifiche della qualità di vita e di attività fisica del soggetto.

La diagnosi e la riabilitazione nelle sindromi algico-posturali

La diagnosi delle sindromi algico-posturali si basa essenzialmente su una corretta raccolta dell’anamnesi ed un attento esame obiettivo. Bisogna ripercorrere bene la storia del paziente sia da un punto di vista fisico (storia di traumatismi o di episodi dolorosi articolari e/o muscolari), sia da un punto di vista biochimico (allergie, menopausa, disturbi endocrini), sia da un punto di vista psichico (stress, depressione).

Inoltre si deve valutare se ci sono stati dei cambiamenti importanti dell’apparato stomatognatico come estrazioni di elementi dentali o la riabilitazione occlusale mediante protesi fisse e non o mediante trattamento ortognatodontico soprattutto nei bambini (non è raro sentire che dopo un cambiamento dell’occlusione si è sviluppato un cambiamento della funzionalità del rachide e non solo).

Esame obiettivo

Esame morfologico e studio della verticale di Barrè

Si ricercano nei tre piani (frontale, sagittale e trasverso) variazioni di posizione dei principali punti di repere rispetto ad un modello di posizione ortostatica ideale con particolare riferimento al cranio, alla colonna vertebrale, al bacino delle estremità inferiori. Si valuteranno, inoltre, asimmetrie e rotazioni dei segmenti scheletrici nonché la presenza di zone di alterato trofismo e/o tono muscolare.

Valutazione dei recettori

Per quello che riguarda l’apparato stomatognatico si studia prima lo stato di salute dei muscoli masticatori e si valuta l’armonia del movimento mandibolare rilevando la presenza di rumori a livello dell’articolazione temporo-mandibolare e le sue eventuali disfunzioni e/o discinesie, si registra lo stato di salute dei denti ed eventuale presenza di bruxismo. Infine si può variare l’appoggio occlusale con dei cotoni inseriti fra le arcate dentarie ed osservare cosa avviene sulle catene muscolari posturali del corpo e cosa cambia a livello del bacino e del rachide cervico-dorso-lombare, aiutandoci con uno scoliosometro sia sul piano frontale che sagittale e orizzontale o con

una pedana stabilometrica. Parallelamente alla valutazione stomatognatica deve essere studiato l’appoggio podalico anche attraverso esami strumentali (baropodometria). La funzionalità del piede deve essere valutata sia in condizioni statiche che

dinamiche per accertare la presenza di paramorfismi come il piattismo, il cavismo

o gli eccessi di pronazione e supinazione. Completerà la diagnosi una valutazione del sistema oculare, con particolare riferimento alla funzione oculomotrice, e dell’orecchio interno. Il trattamento riabilitativo, nei confronti del quale non ci soffermeremo perché argomento molto complesso ed ancora non codificato, si articola in due fasi distinte, ma che procedono spesso in parallelo. Da un lato si procede alla risoluzione della disfunzione recettoriale (terapia etiologica) con le evidenti difficoltà che nascono dal fatto che molto spesso la disfunzione di un recettore coinvolge altri organi che si modificano per adattarsi ad un nuovo schematismo corporeo. Ciò può portare ad errori interpretativi del quadro clinico ed ad interventi terapeutici che possono paradossalmente aggravare la sintomatologia (ad esempio l’uso indiscriminato di ortesi plantari su piedi “adattativi”). Dall’altro si procede al programma riabilitativo sull’apparato locomotore che

deve avere caratteristiche di intervento assolutamente individuali in funzione della tipologia delle lesioni, ma anche del paziente e delle sue abitudini di vita. Ciò è particolarmente importante se il paziente è uno sportivo.

L’attività fisica, soprattutto se intensa, infatti, determina dei forti adattamenti muscolari indotti dalla disfunzione tonico-posturale (ipertono, fibrosi localizzate) che se non rimosse, impediscono il ripristino di un corretto ed equilibrato schema corporeo.

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